Chi pratica powerlifting, da semplice amatoriale o da agonista accanito, di sicuro possiede una conoscenza di ottimo livello delle varie metodologie di programmazione. Probabilmente chi legge questo articolo, sarà più informato sul powerlifting rispetto a me che lo sto scrivendo. In ogni caso la mia intenzione è quella di proporre un altro punto di vista, basato sulle mie esperienze e su teorie, certamente discutibili e personali, che comunque hanno prodotto buoni risultati.
DIFFERENZA TRA PRINCIPIANTE ED AVANZATO
Per quanto mi riguarda, la differenza sostanziale tra un principiante ed un avanzato è la capacità di gestione del carico, riferito sia al peso del bilanciere che alla mole di lavoro. Un avanzato sa controllare meglio i propri impulsi nervosi, che si tratti di attivare unità motorie o di trovare la giusta carica per eseguire l’alzata, gestisce meglio l’ansia generata dall’approssimarsi delle alzate e gestisce meglio la tecnica in base all’entità delle alzate senza troppa difficoltà. Ovviamente un avanzato solleva carichi più pesanti rispetto ad un principiante. Proprio per questi motivi, i principianti necessitano di molte più serie, con carichi nettamente più bassi in percentuale rispetto ai massimali, degli avanzati. Per i principianti le fasi di accumulo sono molto più utili, non tanto per incrementare la forza e la massa, ma tanto per imparare a gestire i fattori che ho descritto in precedenza.
LE PRINCIPALI PROGRAMMAZIONI PER LA FORZA DELL’EST-EUROPA, SONO STATE CONCEPITE PER IL SOLLEVAMENTO PESI OLIMPICO
Le prime competizioni di powerlifting sono nate negli Stati uniti negli anni 70. Lo squat è stato preso in considerazione come esercizio negli anni 30 e la panca negli anni 50. Praticamente come disciplina il powerlifting è molto recente. Questo è da prendere in considerazione dal momento in cui la periodizzazione lineare viene utilizzata come metodologia di allenamento dai powerlifters. I metodi concepiti per il sollevamento pesi olimpico, non possono dare gli stessi risultati nel powerlifting, poiché la differenza degli esercizi è sostanziale. Una delle principali diversità sta nel fatto che le alzate olimpiche si dividono in parti uguali la tecnica e la forza. Le alzate del powerlifting, invece, nonostante necessitino di tecnica accurata, hanno come base la forza assoluta. Non è raro infatti che dei ragazzi brutalmente forti per natura, riescano a staccare da terra carichi impressionanti con tecnica orribile, concludendo comunque alzate valide. Un esempio concreto è Francesco Pirri, un ragazzo di 18 anni appartenente alla mia squadra, che ha stabilito un record europeo di categoria a 17 anni nella WDFPF, staccando da terra 210 kg dopo appena un anno di allenamento alle spalle.
Nel sollevamento pesi olimpico, invece, è frequente che atleti avanzati con 10 o più anni di esperienza falliscano alzate importanti per deficit tecnici momentanei. Sembrerebbe inspiegabile, che quelli stessi atleti, qualche minuto dopo sollevino 5-10 kg in più semplicemente perché hanno curato meglio la tecnica di alzata. In realtà nel sollevamento pesi olimpico questo è molto frequente, in quanto i carichi con cui si eseguono lo strappo e lo slancio sono massimali per l’alzata specifica, ma diventano sub-massimali per le alzate che compongono le varie fasi come stacco e squat. Un sollevatore olimpico che solleva 200 kg nello slancio, probabilmente possiede un massimale di front squat di 250-270 kg. Durante la girata però, potrebbe ritrovarsi quei 200 kg spostati troppo indietro o troppo avanti rispetto al baricentro ottimale e questo lo costringerebbe a mollare il bilanciere fallendo l’alzata. Questo non vuol dire che l’atleta non riesce a risalire con 200 kg, perché essendo in grado di eseguire il front squat con 50-70 kg in più, non avrebbe di certo difficoltà a sollevarne 200, ma significa che per risalire facilmente deve ritrovarsi il bilanciere dopo la girata in assetto perfetto.
Questo spiega come mai questi campioni falliscono alzate con carichi più bassi e poi, invece, con maggiore concentrazione riescono a sollevare più kg nelle prove successive. Per un weightlifter è molto importante essere forte nello squat, ma non è essenziale, perché non facendo parte delle alzate di gara questo esercizio viene eseguito come complementare. Ciò significa che anche se un atleta stabilisce un nuovo personale di back squat per esempio a 300 kg, questo non garantisce un carico superiore nello strappo e nello slancio rispetto a quando quello stesso atleta ne sollevava 290. Per questo motivo i weightlifters progrediscono con le fasi di accumulo.
Essendo che nello strappo e nello slancio i carichi sollevati sono il 30-40% in meno rispetto allo squat ed allo stacco, i dieci kg in più o in meno in questi esercizi non cambiano molto la situazione, visto che comunque un sollevatore che riesce ad eseguire 170 kg di strappo, esegue comunque 20-40 kg in più nell’overhead squat. In questo modo anche non stabilendo record nei complementari, può comunque esserci la possibilità di poterne stabilire nelle alzate di gara. Nel powerlifting è tutto diverso in quanto le alzate di gara sono le stesse da eseguire in allenamento ed è quasi impossibile che un atleta che fallisce il carico di entrata, anche se questo carico è stato più volte ripetuto in allenamento, riesca ad aumentarlo nelle prove successive in quanto si ritroverebbe già al limite personale in quella determinata fase della gara. Per questo ritengo che i carichi prossimi al 100% del massimale vadano mantenuti tutto l’anno ed associati in maniera strategica alla fase di accumulo.
Per lo stesso motivo trovo che l’applicazione del carico a onde sia molto più utile ai weightlifters che ai powerlifters. Se si ha un massimale di panca di 150kg, e si esegue un’onda di 125×3, 135×2 e 145×1 fallendo quest’ultima alzata, trovo molto difficile che in quella stessa sessione lo stesso atleta possa eseguire un’altra onda di 130×3, 140×2 e 150×1 riuscendo a sollevare questo ultimo carico. Viceversa in un esercizio come lo slancio anche fallendo l’alzata più pesante della prima onda, nella seconda onda i 150 kg potrebbero anche essere eseguiti attuando dei semplici accorgimenti tecnici.
LA PERIODIZZAZIONE ONDULATA DEL METODO CONIUGATO
Louie Simmons nei suoi articoli e nel suo libro afferma che la periodizzazione lineare non è il miglior metodo per chi compete nel powerlifting e ne ha spiegato anche le ragioni. Un atleta che esegue svariate settimane di accumulo si ritrova a maneggiare carichi troppo leggeri rispetto a quelli usati in gara. Il volume troppo alto a percentuali di carico più basse genera una buona risposta ipertrofica, ma poi con l’avvicinarsi della competizione i carichi salgono e di conseguenza si riduce il volume, fino a raggiungere la massima intensità con il minimo volume durante la fase di picco ed a questo punto, secondo Simmons, l’atleta perde la massa guadagnata ed in più si ritrova a lavorare con carichi alti per un periodo di tempo insufficiente per poter incrementare i massimali battendo i record precedenti.
Anche se non sono d’accordo con Simmons riguardo all’accumulo di massa, poiché per aumentare la massa magra a livello mio-fibrillare occorrono molto più che 4-6 settimane di allenamento (a meno che non si faccia un massiccio utilizzo di steroidi anabolizzanti), mi trovo in sintonia sul fatto che non bisogna mai abbandonare l’intensità. Si possono infatti inserire nello stesso micro-ciclo sessioni intense e sessioni di volume che a questo punto fungono da scarico attivo. In questo modo si accumula forza su quantitativi diversi di ripetizioni ed allo stesso tempo si mantengono i carichi prossimi al massimale, magari tentando di battere i record nelle doppie e nelle triple.
Un altro punto su cui mi trovo in sintonia con il suo metodo è quello che prevede la rotazione delle varianti delle alzate di gara, come la board press, la distensione a terra, la distensione con catene, lo stacco dai blocchi, lo stacco sumo, lo stacco con la trap bar e con le varianti di squat box, front squat e saftey squat.
Un metodo più recente sempre proveniente dagli Stati Uniti che si basa sulla periodizzazione ondulata è il Cube Method. Ho approfondito la conoscenza di questo sistema visionando un video di allenamento di Corrado Siragusa, in cui ne elogiava i benefici. Questo ragazzo che ho avuto modo di conoscere personalmente, è il più forte powerlifter italiano e secondo me tra i più forti del mondo nella sua categoria. Se il più forte powerlifter Italiano si allena con metodi di questo genere, continuando a migliorare, credo proprio che un motivo ci sarà. Personalmente sono sempre stato attratto dalla periodizzazione ondulata, poiché trovo che un atleta avanzato raggiunga le fasi di stallo con troppa facilità. Modificando i parametri dell’intensità e del volume ed associandoli alla rotazione delle varianti delle alzate di gara, è molto più difficile andare in stallo.
I CALCOLI NON POSSONO FUNZIONARE PER TUTTI
Una questione da prendere in considerazione è quella del calcolo dei massimali. Esistono infatti operazioni matematiche con coefficienti specifici o addirittura tabelle già impostate che ci forniscono con esattezza quale sia il nostro massimale per una singola ripetizione senza aver mai sollevato quel carico. L’accuratezza delle tabelle è indiscutibile, ma per attenersi a quei parametri, è necessario comunque conoscere fino in fondo le proprie capacità dopo averle testate sul campo e non su un pezzo di carta.
Per esempio il campione italiano Corrado Siragusa, che a giugno 2015 ha stabilito il nuovo record italiano open di squat FIPL nella categoria -105 eseguendo 300 kg (che ha successivamente battuto a giugno 2016 portandolo a 300,5), ha pubblicato diversi video dove in allenamento sollevava quei 300 kg addirittura con maggiore facilità. Questo significa che al momento della gara evidentemente la sua condizione fisica non era al 100%. Nonostante questo però, i 300 kg sono andati su e lui ha vinto il campionato disintegrando il record precedente.
Questo è stato possibile grazie al fatto che Siragusa ha più volte sollevato i 300 kg in allenamento, abituandosi a sollevare quel carico anche nelle peggiori condizioni possibili. Se però si fosse basato soltanto su una tabella, estrapolandosi il massimale “ipotetico” attraverso il calcolo del 3rm o del 4rm senza mai essersi messo quei 300 kg sulle spalle, reputo difficile che in quella gara, in condizioni fisiche non ottimali, avrebbe potuto sollevarli.
Io stesso, che ho un personale di squat molto più modesto a 200 kg, prima di riuscire ad eseguirlo correttamente, con la profondità necessaria a rendere valido il sollevamento, ho dovuto fare diversi tentativi settimana dopo settimana, in modo da poter iniziare ad eseguire alzate valide con quel carico in maniera ripetuta. Eppure con 180 kg riuscivo ad eseguire diverse serie da 3 ripetizioni, “quindi secondo i calcoli a tavolino quei 200 kg mi spettavano di diritto”. In realtà in questo sport come nella vita di tutti i giorni, di diritto non ci spetta proprio niente e qualsiasi traguardo lo dobbiamo raggiungere con le unghia e con i denti mettendoci ogni singola cellula del nostro organismo.
Di Nino Scilipoti