Fisiologicamente i muscoli sono connessi al cervello
La connessione mente muscolo in termini scientifici rappresenta la “GIUNZIONE NEUROMUSCOLARE”, che non è altro che il collegamento tra sistema nervoso e fibra muscolare. Riporto qui una descrizione più precisa:
“La giunzione neuromuscolare è la sinapsi periferica che si viene a formare tra la terminazione di un motoneurone alfa e una determinata fibra muscolare, dando origine ad un’unità motrice. In quanto tale, la placca motrice permette la comunicazione di tipo chimico (in quanto avviene attraverso mediatori chimici) tra il motoneurone e la fibra stessa; tramite il rilascio di acetilcolina, infatti, la fibra muscolare potrà contrarsi.”
Non è quindi un’esclusiva dei bodybuilders. SE UN MUSCOLO SI CONTRAE, SIGNIFICA CHE E’ COLLEGATO AL CERVELLO, punto e basta.
I bodybuilders la pensano diversamente
Questo articolo è frutto dello stimolo datomi dalla lettura di alcuni spezzoni di intervista ad un bodybuilder che ultimamente sta avendo successo nel panorama IFBB.
Appartenente alla categoria dei “Freak”, essendo alto 180 cm con un peso gara di 120 kg, questo atleta descriveva il suo allenamento per i deltoidi.
La scheda in questione, che come propongono spesso le riviste “american style”, era caratterizzata da una miriade di esercizi, tutti rivolti ai deltoidi. Le canoniche 3 serie prevedevano un range di 20-30 ripetizioni.
Il particolare ad attirare la mia attenzione, non è stato l’elevato numero di ripetizioni per serie dichiarato, ne tantomeno la quantità totale di esercizi, ma la dichiarazione del culturista che affermava di concentrarsi maggiormente sulla porzione laterale del deltoide, eseguendo le distensioni dietro il collo al multipower con una fase di discesa che non oltrepassava la linea delle orecchie.
Sono i segmenti dell’alzata che provocano l’intervento dei muscoli
Effettivamente il segmento della fase di spinta in cui fisiologicamente l’intervento della porzione laterale del deltoide incrementa maggiormente, è proprio quella che intercorre tra il momento in cui l’omero è parallelo al suolo, fino a poco prima del blocco in distensione (segmento in cui interviene il tricipite per andare a completare il movimento bloccando l’articolazione).
L’attività muscolare ricercata, non è quindi frutto di chissà quale connessione soprannaturale tra l’atleta ed i muscoli che allena, ma del tipo di movimento che si va ad eseguire.
Quindi ricapitolando massima concentrazione sul muscolo allenato in base al range di movimento e alto numero di ripetizioni per generare un forte stress metabolico.
La mia curiosità mi ha spinto oltre e sono andato a guardarmi i video dei suoi allenamenti su youtube. In questi video, ho beccato anche il famoso esercizio in questione.
Cosa faceva in realtà
Prima serie a 100 kg e movimento abbastanza fluido, ma di sicuro le 30 ripetizioni a conti fatti non erano nemmeno 10-12.
Quando poi il carico è stato portato a 180 kg, con 4 piastre per lato, la fase di discesa si è ridotta ulteriormente, infatti il bilanciere raggiungeva a malapena il livello della testa.
Le ripetizioni sono scese a 4-6 e per giunta con l’aiuto di un assistente.
Il movimento si è quindi dirottato verso la massima attivazione del tricipite, essendo che a causa dell’elevato carico, il bodybuilder chiudeva ogni ripetizione con il blocco dell’articolazione per riposarsi.
Il suo intento era quindi allenare i tricipiti, o la sua connessione mente muscolo lo rendeva in grado comunque di dirottare lo stimolo sulla porzione laterale del deltoide?
Molte volte si prendono fischi per fischi, ma la fortuna aiuta gli audaci
Non si tratta proprio di fortuna, ma di credere che qualcosa che funziona per un motivo, in realtà da risultati per motivi diametralmente opposti.
I culturisti professionisti di tutto il mondo, sono enormi in primis perché consumano dalle 5000 alle 6000 kcal al giorno con percentuali di proteine altissime.
Non è raro che questi atleti raggiungano una quota di apporto proteico superiore ai 500 g ed altri 1000 g di carboidrati.
Il ritmo di metabolizzazione ed assimilazione di tutti questi nutrienti è dato dalle terapie farmacologiche che seguono e l’allenamento pone le basi per ottimizzare la stimolazione della sintesi proteica.
Che tipo di allenamento?
“Quello in cui i muscoli sono connessi al cervello attraverso la fantascienza. Infatti grazie a questa particolare connessione i bodybuilders ordinano ai muscoli bersaglio di svilupparsi a loro piacimento”.
L’allenamento che genera maggiore ipertrofia, è in realtà quello in cui si spostano carichi (75-85% dell’1rm) che consentono di eseguire dalle 5 alle 10 ripetizioni, con un TUT che va dai 15 ai 30 secondi.
Siccome i bodybuilders questo lo fanno, vuoi o non vuoi, movimento a parte, riescono comunque ad unire tutti i punti in questione.
Quindi come bisogna allenarsi?
I movimenti completi sono meccanicamente più fisiologici e questo li rende più funzionali e sicuri.
E’ inutile ricercare la il segmento dell’alzata specifico per andare ad enfatizzare l’attività specifica di ogni muscolo, quando è possibile ottenere lo stesso stimolo, in maggiore sicurezza e con movimenti più naturali.
Quando eseguo i circuiti di crosstraining, scelgo 2 esercizi e stabilisco un carico attraverso la quale intendo raggiungere un determinato quantitativo di ripetizioni nel minor tempo possibile.
Ad esempio ho eseguito 21,15,9 di dips agli anelli e trazioni alla sbarra, o 15,12,9,6,3 di trazioni alla sbarra e 30,24,18,12,6 di military press con il 55% del mio peso corporeo (50 kg).
Durante le 30 distensioni sopra la testa il gruppo muscolare limitante, che dopo aver raggiunto il massimo affaticamento mi impedisce di proseguire costringendomi a fermarmi per riposare sono proprio i deltoidi.
Quindi senza concentrarmi sui muscoli, ma solo sul movimento, perché è la prestazione che mi interessa in quel momento specifico, ottengo comunque il massimo coinvolgimento dei muscoli che sto adoperando per sollevare il bilanciere.
Allo stesso modo durante le trazioni è l’affaticamento dei dorsali a limitarmi.
Per ottenere i massimi risultati è meglio quindi concentrarsi sui movimenti giusti, sui carichi ottimali e sulla tecnica di sollevamento.
Più si è bravi a spostare un carico in un determinato movimento, più i muscoli si attiveranno in maniera funzionale durante i vari segmenti dell’alzata.
Di Nino Scilipoti